È il caso più sensazionale degli ultimi anni.
La quindicenne Jessica Silver, ereditiera di un patrimonio di miliardi di
dollari, di ritorno da scuola svanisce nel nulla. Bobby Nock, il suo giovane
insegnante, è il primo sospettato, lo dice anche quel sangue trovato nella sua
auto. Lui è nero, lei è bianca. Il processo che lo vede al banco degli imputati
tocca tutti i nervi scoperti dell’America: ci sono le questioni razziali, le
differenze di classe, i comportamenti sessuali, i pregiudizi del sistema giudiziario.
La sentenza sembra già scritta, la condanna garantita. I membri della giuria,
sequestrati da cinque mesi in un albergo, non vedono l’ora di tornarsene dalle
loro famiglie. Ma una sola giurata, Maya Seale, è fermamente convinta
dell’innocenza di Nock e riesce a portare dalla sua parte il resto della
giuria. Il verdetto di assoluzione scatenerà l’indignazione dell’opinione
pubblica. I giurati, uno a uno, verranno messi in croce dai media. Uno a uno si
pentiranno di quella decisione. Dieci anni più tardi, una docuserie di Netflix
riporta quelle stesse dodici persone nell’albergo del verdetto, e al centro
della scena c’è ancora lei, Maya Seale, diventata nel frattempo avvocato
penalista. C’è chi sostiene di avere nuove prove per riaprire quel caso. C’è
chi vuole impedire che venga riaperto. A ogni costo. Per Maya è arrivato il
momento della resa dei conti. Perché, lo sa bene ormai, un verdetto, di
colpevolezza o di innocenza, non è mai specchio della verità.
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