Dare agli altri la colpa della propria
infelicità è un esercizio di malafede collaudato, una tentazione alla portata
di tutti. Ed è ciò che prova a fare anche il protagonista di questo romanzo.
Almeno fino a un certo punto. Figlio unico di una strana famiglia
disfunzionale, con genitori litigiosissimi e assediati dai debiti, è stato un
bambino introverso, abituato a bastare a se stesso e a cercare conforto nella
musica e nei propri pensieri. Cresciuto in una dimensione rigidamente
mononucleare – senza mai sentir parlare di nonni e parenti in genere –, sulla
soglia dell’adolescenza scopre che naturalmente un passato c’è, ed è anche
parecchio ingombrante. Accade così che un terribile fatto di sangue travolga
il protagonista facendo emergere i traumi fino a quel momento rimossi. Da un
giorno all’altro entrerà a far parte di una famiglia nuova di zecca, in cui
inaugurerà una vita di clamorosa impostura. Incontrerà personaggi
affascinanti, viaggerà, frequenterà le migliori scuole e svilupperà
un’insana passione per la letteratura, sulla scorta del disperato amore verso
una cugina eccentrica, amante dei romanzi vittoriani. Ipocrisie, miserie,
rancori e infelicità: pensava di esserseli definitivamente lasciati alle
spalle, ma dovrà prendere atto che si tratta di veleni che infestano tutte le
famiglie. Impossibile salvarsi. In questo romanzo scintillante, trascinante,
commovente, Alessandro Piperno compie una magnifica sintesi delle sue identità
romanzesche. Torna alla narrazione in prima persona ritrovando l’affabulazione
pirotecnica, beffarda, iconoclasta del suo esordio, e la contempera con la vena
introspettiva e dolente che percorre Il fuoco amico dei ricordi.
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